La provenienza dell’immobile da una donazione non può essere taciuta dal venditore

In tema di compravendita immobiliare, un tema molto dibattuto è quello degli obblighi informativi a carico del venditore, ed in particolare se quest’ultimo, prima del contratto preliminare, sia tenuto a comunicare all’acquirente che il bene gli era pervenuto da una donazione.

Infatti, il rischio connesso alle donazioni è che qualora alla morte del venditore il valore dei beni lasciati in successione non sia sufficiente a soddisfare i diritti dei cosiddetti eredi legittimari, questi potrebbero chiedere, a certe condizioni, la riduzione – cioè la revoca – della donazione effettuata in vita dal de cuius.

È questo il motivo per il quale, com’è noto, il sistema bancario è restio a concedere un credito garantito da ipoteca se l’immobile offerto in garanzia sia stato oggetto di una precedente donazione.

Recentemente la Corte di Cassazione si è pronunciata su questo tema (Cass. civ. Sez. II Sent., 12/12/2019, n. 32694).

Il caso riguardava un contratto preliminare relativo a ad un capannone a uso artigianale per il quale il promissario acquirente aveva versato una caparra di € 50.000,00; dopo la stipula del compromesso, egli aveva appreso che il bene era pervenuto alla parte venditrice da donazione dei genitori, e ciò avrebbe potuto esporre il donatario al rischio di riduzione da parte dei legittimari dei donanti. Dunque, il promissario acquirente, sul presupposto che se avesse saputo di tale provenienza non avrebbe stipulato il contratto, aveva promosso una causa nei confronti della promittente venditrice per ottenere l’annullamento del contratto preliminare e la sua condanna al pagamento del doppio della caparra.

Il Tribunale aveva rigettato la richiesta dell’attore, riconoscendo il diritto della venditrice di trattenere la caparra. La corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado.

La Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito.

Innanzitutto la Suprema Corte si domanda se l’avvenuta conoscenza della provenienza del bene da una donazione integri un effettivo pericolo di rivendica del bene, presupposto che potrebbe autorizzare il promissario acquirente a sospendere il pagamento del prezzo ai sensi dell’art. 1481 c.c. La risposta a questo primo interrogativo è negativa: è vero, osserva la Corte, che la provenienza del bene da una donazione comporta la possibilità che questa possa essere attaccata in futuro dai legittimari del donante i quali, una volta ottenutane la riduzione, potrebbero pretendere la restituzione del bene donato anche nei confronti dei terzi acquirenti; tuttavia tale rischio verrebbe a concretizzarsi solo dopo la morte del donante, quando diviene attuale il diritto del legittimario. Inoltre la valutazione della concretezza di tale rischio non potrebbe poi prescindere da una indagine sulla consistenza del patrimonio ereditario in relazione al numero e qualità dei legittimari.

Pertanto, conclude la Cassazione, la teorica instabilità insita nella provenienza del bene non determina per sé stessa un rischio concreto e attuale che l’acquirente del donatario si veda privato dell’acquisto, e quindi l’acquirente non è autorizzato a sospendere il pagamento del prezzo in attesa del venire meno del suddetto pericolo.

Quanto appena detto tuttavia non lascia l’acquirente sprovvisto di ogni tutela.

Infatti la Cassazione, rifacendosi a quella giurisprudenza secondo cui la provenienza da donazione dell’immobile promesso in vendita costituisce circostanza relativa alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che il mediatore è tenuto a riferire alle parti, afferma che a maggior ragione essa non potrà essere taciuta dal promittente venditore.

La mancanza di un pericolo concreto ed effettivo di rivendica da parte del legittimario non è un argomento sufficiente per negare al promissario acquirente, ignaro della provenienza, la facoltà di rifiutare la stipula del definitivo, in base all’art. 1460 c.c. Non si può negare a priori che già il rischio teorico che l’acquirente possa trovarsi un giorno esposto alla pretesa del legittimario, con i correlativi impedimenti alla circolazione del bene che da subito quel rischio si porta dietro, possa rappresentare, nelle singole situazioni concrete, un elemento idoneo a pregiudicare la conformità del risultato attuabile con il definitivo rispetto a quello programmato con il preliminare.

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha quindi affermato il seguente principio:
In tema di preliminare di vendita, la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per sé stessa un pericolo concreto e attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell’art. 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell’acquisto programmato con il preliminare. In quanto tale essa non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, possa rifiutare la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale dell’art. 1460 c.c., se ne ricorrono gli estremi”.