La lontananza e trascuratezza del genitore giustificano l’affidamento esclusivo

Il principio dell’affidamento condiviso è espressione della volontà di offrire piena tutela al superiore interesse del minore e al suo diritto alla bigenitorialità.

Questo principio si traduce nel diritto di ciascun genitore a essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l’applicazione di una rigida proporzione in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore poiché l’esercizio del diritto deve essere armonizzato con le complessive esigenze di vita del figlio e dell’altro genitore.

La Corte di Cassazione ha chiarito che la conflittualità riscontrata tra i genitori non coniugati, che vivono separati, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso dei figli ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole. Diversamente, se questa conflittualità si esprime in forme che possono alterare l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli tali da pregiudicare il loro interesse, può trovare applicazione l’affidamento esclusivo.

Lo stesso principio del superiore interesse dei figli deve essere applicato dal giudice nel caso di lontananza e trascuratezza di un genitore.

Di per sé la lontananza di un genitore (in caso, per esempio, di residenza all’estero) non comporta la deroga alla regola dell’affidamento condiviso potendo la distanza incidere soltanto sui tempi e sulle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore, a meno che non sussistano circostanze talmente gravi che possano mettere in pericolo il benessere e lo sviluppo psico fisico del minore.

Di recente la Corte di Cassazione ha esaminato un caso che consente di fare luce su questo aspetto. In una causa sorta tra i genitori in merito all’affidamento delle figlie minori, il giudice aveva ritenuto che non vi fossero i presupposti per l’affidamento condiviso ed aveva disposto l’affidamento esclusivo a favore della madre, ritenendo invece il padre inidoneo per una serie di motivi quali il suo trasferimento lontano dalle figlie, e in generale, la trascuratezza nell’adempimento dei propri doveri genitoriali dimostrata dal mancato regolare pagamento dell’assegno di mantenimento e dalla scarsa partecipazione alle scelte relative alla vita delle figlie.

Il padre, quindi, aveva proposto ricorso per Cassazione.

Respingendo il ricorso, la Suprema Corte (ordinanza 4 novembre 2019, n. 28244) ha affermato il seguente principio: “in materia di affidamento dei figli minori, il giudice della separazione e del divorzio deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo i danni derivati dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore. L’individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione di genitore singolo, giudizio che, ancorandosi ad elementi concreti, potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull’apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente che è in grado di offrire al minore. La questione dell’affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale deve avere come parametro di riferimento l’interesse del minore e, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità”.